La mia esperienza di SCN inizia a marzo 2015, nell’Oratorio Salesiano che da sempre conosco, che da sempre è casa mia: l’Oratorio Villàurea di Palermo. Il fatto di dover “giocare in casa” sembrava essere e si prospettava una sfida molto semplice, che avrei saputo affrontare senza alcuna difficoltà; giostrando facilmente il lavoro con i ragazzi del quartiere, con i colleghi che lavorano lì da sempre e la cura dell’ambiente circostante, che lì, è davvero magnifico. Niente mi intimoriva: neanche il fatto che sarebbe stata la prima vera esperienza lavorativa della mia vita. Uscita dal Liceo, credevo che sarei finita a fare la commessa in qualche negozio, la cameriera in una pizzeria, o addirittura niente, la disoccupata, data la bella prospettiva in ambito lavorativo che si prospetta per noi giovani oggi. Non appena pero’ ho scoperto la possibilità del Servizio Civile con i Salesiani, non ci ho pensato due volte. Ho fatto domanda e partecipato al colloquio.
I primi giorni all’interno dell’Oratorio sono stati da incubo. Strano a dirsi, specialmente da una ragazza che lì dentro ci vive da circa sette anni e che ha sempre fatto volontariato nel contesto estivo del Gr.Est. Ecco però la sottile differenza: l’oratorio destinato ai ragazzi di strada durante tutti i giorni dell’anno e l’oratorio che si dedica al “Tempo d’Estate”. La realtà dei campi destinati ai ragazzi del quartiere era per me sconosciuta: non avevo mai visto tanti giovani giocare a pallone, con così tante realtà famigliari ed economiche differenti. I bambini del Villàurea per me, erano solamente coloro che venivano ogni giorno d’estate per stare insieme agli Animatori, giocare con le squadre e vincere la coppa a metà luglio; la possibilità dell’Oratorio che ospita ragazzi sempre, tutti i giorni, con il caldo o con il freddo, con la pioggia o con il sole, era lungi da me pensarla. Se non altro sapevo che era questo l’Oratorio di Don Bosco e non pensavo che questa realtà potesse realizzarsi nella casa salesiana dove sempre sono stata per tutto questo tempo.
Il sapermi relazionare, seppur inizialmente, con questi ragazzi è stata dura: molti di loro percepivano me e il mio collega come due estranei venuti lì a dettare leggi, a comandare. Comandare in un posto dove loro sono Sempre stati, dove stavano e stanno crescendo: difficile da credere, ma anche noi siamo sempre stati lì. Probabilmente, nel periodo sbagliato, solo quando era ora di indossare le maglie dell’Animazione e andare all’acquapark. Invito tutti gli animatori dei Grest, a fare un salto in oratorio durante l’inverno. Perchè è quella la realtà di cui Don Bosco si occupava; la vera bellezza che si vede nei cortili. Mi sento la persona più fortunata del mondo nell’aver conosciuto questi giovani, che ogni giorno erano e sono lì a giocare, che si sono affezionati a noi, che hanno bisogno di consigli, di persone amiche, di esempi e di tanto affetto. Tra loro, anche il più “disgraziato”, è davvero bellissimo. Provengono da realtà difficili, da famiglie assenti e che probabilmente, ogni volta che questi giovani tornano a casa, distruggono tutto il lavoro educativo che ogni volontario, ogni educatore, ogni cooperatore costruisce. Ragazzi che vengono ogni giorno a giocare con gli stessi vestiti, strappati e sporchi. Ragazzi che fumano già all’età di dieci anni, che probabilmente conoscono più parolacce di uno scaricatore di porto e che non riescono ad andare bene a scuola. Eppure vi dirò: “[…] in ognuno di questi ragazzi vi è un punto accessibile al bene.” diceva Don Bosco: ed è vero. Io l’ho scoperto stando insieme a loro, nel cortile. C’è più bontà nel cuore di un bambino di oratorio che in quello di un uomo, che davanti agli occhi degli altri finge d’esser Santo.
Una cosa che ho imparato, più delle altre, è che urlare è una pratica totalmente inutile. Un ragazzo comprende di più che ha sbagliato attraverso un tono cauto, una spiegazione logica che con una sgridata plateale. Seppur molti sostengano il contrario, lancio la sfida nell’ attuare una pratica simile. Perchè è facile essere adulto e gridare ad un bambino. Anche troppo facile. Ma ciò che il ragazzo ricorderà per sempre è la paura che avrà di quell’adulto, dell’insicurezza e del non poter andare da lui/lei quando avrà bisogno. Ringrazio il Servizio Civile dei Salesiani, il direttore del mio oratorio Don Salvino, la mia Olp, i miei colleghi e soprattutto… i giovani. Senza di loro non avrei MAI potuto vivere un’esperienza formativa del genere.
Grazie, Giulia
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