Luigi e il coraggio di educare nonostante gli ostacoli

Luigi, 17 anni, è morto la scorsa notte a Napoli raggiunto da un colpo di pistola dopo aver tentato una rapina. Luigi era uno dei nostri ragazzi, ospite per un anno e mezzo della comunità di Torre Annunziata, prima in misura cautelare e poi in “messa alla prova”. Lo scorso anno all’inaugurazione del Pizzoratorio, il laboratorio per pizzaioli sostenuto dai nostri benefattori, c’era anche lui insieme a noi, appassionato dietro al bancone con le mani in pasta. Grazie a quel tirocinio aveva trovato posto in una pizzeria, un lavoro conquistato con fatica e impegno. La scorsa notte Luigi ha scelto di impugnare una pistola e, per quest’ultima, ha perso la vita.
No, Luigi non è stato un fallimento! Nel suo volto abbiamo visto sorrisi, passione, entusiasmo, scovato quel «punto accessibile al bene» che Don Bosco ci ricorda ogni giorno come nostra missione. Meritava la sua possibilità di riscatto, di vincere contro quella mala-vita che aveva spento ogni speranza in lui. Educare è coraggio, è rischio. È speranza che questi ragazzi e ragazze, appesantiti da un passato di dolore, possano trovare la forza di rialzarsi, con dignità e onestà.

Oggi vogliamo incoraggiare tutti gli educatori della comunità di Torre Annunziata perché il vostro lavoro, la vostra passione per questi giovani è preziosa e non andrà mai sprecata. Avete accolto e accompagnato Luigi come un figlio, insegnandogli un mestiere, facendolo sentire parte di una grande famiglia che non abbandona ma è sempre presente.

Così lo ricorda Don Antonio Carbone, responsabile della comunità per minori di Torre Annunziata:
Luigi non era solo un ragazzo che alle 4 di notte ha tentato una rapina impugnando una pistola e da un colpo di pistola perdere la vita. Lo ricordo quando con tanto sacrificio volle imparare il mestiere del pizzaiolo, lo ricordo quando durante i mesi di lockdown tre giorni a settimana, insieme ad altri ragazzi preparava le pizze da portare a famiglie disagiate, lo ricordo piangere perché in quei mesi non poteva vedere la sua famiglia, lo ricordo la domenica a messa con sguardo rivolto verso il basso quando durante l’omelia si parlava di vita bella alla quale ci chiama Gesù più che di bella vita o malavita.
L’ultimo incontro 10 giorni fa dove mi dicevi con sguardo poco convinto “Don Anto’ tutto bene!”. Ricordo come ci rimasi male quando il mese scorso entrai nella pizzeria dove lavoravi e mi dissero che eri andato via prima quel giorno e per questo eri assente.
Spesso mi sento fare questa domanda: ma dei ragazzi che passano per la comunità in quanti si salvano e in quanti si perdono? La vita, per fortuna, è un evolversi, nessuno di noi ha il sigillo del salvato e nessuno è per sempre perso.
Don Antonio

 

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