I nostri percorsi di Antimafia sociale
Il 23 maggio del 1992 Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro vengono uccisi nella Strage di Capaci.
Pochi mesi dopo, il 19 luglio, Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina perdono la vita nella Strage di via D’Amelio.
Fu un agguato pianificato, meschino e terribile, che rappresenta in tutta la sua crudeltà il problema delle mafie, un problema, prima ancora che giudiziario, soprattutto culturale.
Oggi, a 30 anni dalla loro morte, la questione della criminalità organizzata è più che mai un tema di attualità, dal momento che essa si infiltra laddove regna il degrado, l’assenza di istruzione ed educazione. Le “zone grigie”, sorte nelle periferie delle città italiane, diventano quindi i luoghi dell’abbandono in cui regna la paura e in cui si inquinano le relazioni sociali, contribuendo ad alimentare l’economia criminale come sistema di welfare parallelo a quello legale.
Don Francesco Preite, presidente di Salesiani per il sociale APS afferma:
«Per fronteggiare un simile fenomeno non basta affrontare il crimine da un punto di vista giuridico: occorre diffondere una cultura fondata su legalità e giustizia sociale, come azione capace di contrapporsi alla cultura della violenza, della sopraffazione e del ricatto. Solo in questo modo si può superare il dramma della mafia, promuovendo una pedagogia della corresponsabilità per educare ed educarsi alla bellezza di un territorio libero dalla cultura del silenzio e dall’omertà».
Per raggiungere quest’obiettivo ambizioso è vitale promuovere attività ed azioni collettive in grado di rafforzare quel “senso di comunità” e “percezione del sé” come cittadini attivi.
Padre Pino Puglisi ci teneva a sottolineare che:
“È importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore ma, se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti”.